IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 1129/1993,
 proposto da  Corbelli  Domenico,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.
 Luciano Garatti e dall'avv. Andrea Mina, ed elettivamente domiciliato
 presso  lo studio di quest'ultimo in Brescia, via Francesco Crispi n.
 18, contro il Ministero della difesa, in persona  del  Ministro  pro-
 tempore,  il  distretto militare di Brescia e il consiglio di leva di
 Brescia,    in    persona    dei    legali    rappresentanti     pro-
 tempore,costituitisi    in    giudizio,    rappresentati   e   difesi
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex  lege  in
 Brescia,  via Solferino n. 20/C, per l'annullamento del provvedimento
 reg. n. 395 n. 31 notificato  il  giorno  8  luglio  1993  e  recante
 notizia  del  rigetto,  da  parte  del  consiglio di leva di Brescia,
 dell'istanza  di  dispensa  dal  servizio  militare  presentata   dal
 ricorrente in data 23 giugno 1993;
    Visto il ricorso, con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  del Ministero della
 difesa;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato relatore, alla camera  di  consiglio  del  21  settembre
 1993, il primo referendario dott. Fulvio Rocco;
    Uditi,  altresi',  l'avv.  Mauro Ballerini, su delega dell'avv. A.
 Mina, per il ricorrente, e l'avvocato dello Stato Lucia Piotti per il
 Ministero della difesa;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
                                 FATTO
    1.  -  Il  ricorrente,  sig.  Domenico  Corbelli,  ha   presentato
 all'ufficio  militare  leva  di  Brescia,  in  data  5  aprile  1993,
 un'istanza - redatta su apposito modulo -  ai  fini  di  ottenere  la
 dispensa  dalla  ferma  di  leva,  ritenendosi  egli nelle condizioni
 previste dal primo comma, n. 6), dell'art. 22 della legge  31  maggio
 1975, n. 191, cosi' come sostituito dall'art. 3 della legge 11 agosto
 1991, n. 269 ("appartenente a famiglia di cui altri due figli abbiano
 prestato o prestino servizio militare").
    Il  Corbelli ha infatti ivi precisato di appartenere a famiglia in
 cui altri quattro fratelli hanno gia' svolto servizio di leva, ed  ha
 allegato a comprova i fogli matricolari di due di questi.
    L'istanza   e'   stata  peraltro  respinta  dall'ufficio,  con  la
 motivazione che "fa ostacolo il fratello Luciano (classe '61) che  ha
 fruito  di  dispensa  a  domanda ai sensi dell'art. 100 del d.P.R. n.
 237/1964".
    Con  ricorso  notificato  l'11  agosto  1993  e  depositato  il  2
 settembre  1993  il  Corbelli  impugna, pertanto, tale provvedimento,
 deducendo al riguardo  la  violazione  dell'art.  3  della  legge  n.
 269/1991 e dell'art. 100 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, nonche'
 eccesso di motivazione e travisamento dei fatti.
    2.  -  In  data  7  settembre 1993 si e' costituito in giudizio il
 Ministero della difesa, depositando il giorno 18  dello  stesso  mese
 una documentata relazione del distretto militare di Brescia.
    3. - Nella camera di consiglio del 21 settembre 1993 la sezione ha
 accordato  al  ricorrente  la sospensione cautelare del provvedimento
 impugnato, ed ha nel contempo emesso, ai  sensi  dell'art.  23  della
 legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente ordinanza di remissione degli
 atti  alla  Corte costituzionale, ritenendo d'ufficio rilevante e non
 manifestamente infondata la questione di costituzionalita'  dell'art.
 23, primo e secondo comma, della legge 31 maggio 1975, n. 191.
                                DIRITTO
    1.  -  Come  puo' evincersi dalla narrativa dei fatti di causa, il
 ricorrente, sig.  Domenico  Corbelli,  impugna  il  provvedimento  di
 diniego  di  dispensa dal servizio militare, da lui richiesta in base
 all'art. 22, primo comma, n. 6), della legge 31 maggio 1975, n.  191,
 cosi' come sostituito dall'art. 3 della legge 11 agosto 1991, n. 269,
 e  cioe'  nel  presupposto  della sua appartenenza "a famiglia di cui
 altri due figli abbiano prestato o prestino servizio militare".
    Il Corbelli ha, in tal senso,  dichiarato  nella  propria  istanza
 indirizzata  all'autorita' militare che "altri quattro fratelli hanno
 svolto  il  servizio  militare  di  leva"  (cfr.  doc.  2  di   parte
 ricorrente), ed ha in quell'occasione allegato a comprova del proprio
 titolo  alla  dispensa  le  copie  dei fogli matricolari dei fratelli
 Mario e Maffeo,  entrambi  alpini  e  rispettivamente  congedati  per
 completamento del servizio di leva in data 27 ottobre 1988 e 4 agosto
 1989.
    Il  medesimo  ricorrente,  in  data 6 maggio 1993, ha integrato la
 documentazione della propria pratica (cfr. idibem, doc. 4 e  relativi
 allegati), inoltrando pure la copie autenticate dei fogli matricolari
 dei   fratelli   Abramo   (caporale   degli   alpini   congedato  per
 completamento della ferma di leva in data 10 aprile 1973),  Vittorino
 (artigliere  alpino parimenti congedato per completamento della ferma
 di leva in data 5 settembre 1975), Amabile (dispensato  dal  compiere
 la  ferma  di  leva quale esuberante al fabbisogno, a norma dell'art.
 100 del d.P.R. 14 febbraio 1964,  n.  237,  e  collocato  in  congedo
 illimitato  con  decorrenza  30  aprile  1978) e Luciano (dispensato,
 invece, in data 21 aprile 1980 dal  compiere  la  ferma  di  leva  in
 virtu'  dell'allora  vigente, lett. b) del secondo comma del medesimo
 art. 100 del  d.P.R.  n.  237/1964,  e  cioe'  quale  unico  fratello
 convivente  di soggetto portatore di handicap non autosufficiente, in
 mancanza di genitori in grado di provvedervi e di assisterlo).
    Il  consiglio  di leva ha respinto l'istanza del Corbelli Domenico
 ritenendo di ostacolo all'accoglimento la  circostanza  dell'avvenuta
 fruizione  della dispensa da parte del Corbelli Luciano (cfr. ibidem,
 doc. 1).
    Nella relazione in data 20 agosto 1993, depositata  agli  atti  di
 causa,  il  distretto  militare  di Brescia ha ulteriormente chiarito
 tale assunto, ponendolo in correlazione con il primo comma  dell'art.
 23 della legge 31 maggio 1975, n. 191.
    In   virtu'   di  tale  disposizione,  infatti,  "l'ammissione  ad
 eventuale  dispensa  dal  compiere  la  ferma  di   leva   ai   snesi
 dell'articolo precedente e' consentita quando nessun fratello vivente
 dell'iscritto,  di  eta'  inferiore  a quaranta anni, abbia fruito di
 riduzione o dispensa dalla ferma di leva": e da cio', per  l'appunto,
 consegue,  che,  rebus  sic  stantibus,  per  il  titolo  di dispensa
 rivendicato dal Corbelli Domenico,  se  tre  fratelli  (uno  in  piu'
 rispetto  a  quanto  previsto  dalla  legge)  concorrono,  invero,  a
 formarlo (Maffeo, classe 1969; Mario, classe 1968; Vittorino,  classe
 1954), un altro sarebbe ininfluente allo scopo (Amabile, classe 1958,
 ma  esuberante  alla chiamata), ed un ulteriore membro della famiglia
 (Luciano,  classe  1961)  risulterebbe,  addirittura,   impedire   la
 concessione  del  beneficio,  e  cio' per il mero fatto di aver a suo
 tempo fruito, a domanda, della dispensa.
   2.  -  Il  collegio  ritiene  che  la  norma  di  deroga   invocata
 dall'amministrazione  militare  al fine di negare la dispensa anche a
 favore  del  Corbelli  Domenico  sia  rilevante  agli  effetti  della
 definizione  del  merito  di  causa:  essa  e',  invero,  di  per se'
 sufficiente a rendere legittimo  l'impugnato  diniego,  in  quanto  -
 sostanziandosi  expressis  verbis  in  un eccezione rispetto a quanto
 attualmente previsto dall'art. 22, primo comma, n. 6), della medesima
 legge  n.  269/1991  -  risulta  testualmente  preclusiva   ai   fini
 dell'accoglimento dell'istanza proposta dal ricorrente.
    Nondimeno,  siffatta  deroga  presenta,  ad  avviso  del collegio,
 taluni profili di irrazionalita', che appaiono  rilevare  anche  agli
 effetti   del   sindacato   di   costituzionalita',  e  che  pertanto
 consigliano la remissione degli atti alla  Corte  costituzionale,  ai
 sensi dell'art. 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    L'originario  testo  dell'art.  22  della legge 31 maggio 1975, n.
 191, prevedeva al n. 6), tra i titoli per conseguire la dispensa  dal
 servizio  di  leva, l'appartenenza "a famiglia di cui altri due figli
 abbiano  prestato  o  prestino  servizio  militare,  qualora  con  la
 partenza  alle  armi  dell'arruolato  la  famiglia  venga a perdere i
 necessari mezzi di sussistenza".
    In tale contesto,  trovava  forse  una  collocazione  coerente  la
 surriferita  limitazione  del  beneficio  alle ipotesi in cui "nessun
 fratello vivente dell'iscritto, di eta' inferiore  a  quaranta  anni"
 avesse "fruito di riduzione o dispensa della ferma di leva".
    Sembra   corretto  osservare  che  l'intento  del  legislatore  si
 identificava,  allora,  in  una  forma  di  sostegno  per  i  bisogni
 economici   delle   famiglie  numerose:  bisogni  ai  quali  potevano
 eventualmente sovvenire non solo (ed in termini comunque limitati)  i
 soggetti  non  ancora  chiamati ad adempiere l'obbligo della leva, ma
 amche - e soprattutto - coloro che avevano in  precedenza  conseguito
 un  titolo all'esenzione o alla riduzione della ferma, e che, essendo
 di eta'  inferiore  ai  quarantanni  (limite,  questo,  che  e',  tra
 l'altro,  prossimo a quello dei trentanove e dei quarantacinque anni,
 rispettivamente  fissato  agli effetti del definitivo proscioglimento
 dagli obblighi della leva di mare di terra: cfr. artt. 1, 9 e 75  del
 d.P.R.  14  febbraio 1964, n. 237) venivano ritenuti de jurecapaci di
 assicurare la sussistenza dei propri familiari.
    Per effetto dell'art. 3 della legge 11 agosto  1991,  n.  269,  e'
 stato espunto dall'art. 22, primo comma, n. 6), dalla legge 31 maggio
 1975, n. 191, il riferimento alla "partenza alle armi dell'arruolato"
 come  evento di pregiudizio essenzialmente economico per la famiglia:
 il testo novellato, infatti, considera quale presupposto per ottenere
 la dispensa il mero fatto di "appartenere a famiglia di cui altri due
 figli abbiano prestato o prestino servizio militare".
    La ratio della legge e', in  questo  senso,  radicalmente  mutata,
 poiche'   assume,   ora,   esclusivo   rilievo,   agli   effetti  del
 conseguimento del beneficio, l'insieme delle "prestazioni  personali"
 (art.   23   della   Costituzione)  che  sono  state  eseguite  dagli
 appartenenti ad una famiglia ai fini del fondamentale interesse della
 "difesa della Patria" (art. 52 della Costituzione): e tale ratio, che
 indubbiamente amplia il numero  dei  soggetti  che  possono  ottenere
 l'esonero,  appare  del  tutto  coerente  con il disegno di riassetto
 economico e funzionale che lo stesso legislatore si sforza,  ora,  di
 perseguire  nei  confronti  delle  Forze  armate,  destiante  ad  una
 riduzione  degli  organici  di  leva  compensata,  peraltro,  da   un
 incremento  di  personale  specialista  a  ferma  prolungata  e da un
 generale riammodernamento dei sistemi d'arma.
    In tale contesto, ben diverso da  quello  del  1975,  non  sembra,
 pertanto,  giustificata  la  permanenza nell'ordinamento della deroga
 alla concessione del beneficio dell'esonero contenuta nel primo comma
 dell'art. 23 della legge n. 191/1975, ed ove posta - come nel caso di
 specie -  in  correlazione  con  la  nuova  formulazione  del  n.  6)
 dell'articolo precedente.
    Pur   ammettendo,   infatti,  la  necessaria  sussistenza  di  una
 discrezionalita'del legislatore nel determinare i presupposti in base
 ai quali deve essere assentita o negata la dispensa dal  servizio  di
 leva,  non  e'  dato  di  intendere il motivo per cui l'indiscutibile
 rilevanza di una prestazione  di  servizio  militare  ritenuta  dallo
 stesso  legislatore  quantitativamente considerevole per una famiglia
 (due fratelli) possa essere in toto obliterata  nei  suoi  effetti  -
 altrimenti  garantiti  da  una norma agevolatoria - per il solo fatto
 che un ulteriore fratello vivente rispetto a  quello  che,  dopo  gli
 altri  due, dovrebbe essere chiamato alle armi, ha gia' goduto, se di
 eta' inferiore ai quarantanni, di un beneficio che,  oltre  a  tutto,
 non  e'  necessariamente  identico  a  quello che dovrebbe ora essere
 accordato (l'art. 23, primo comma, della legge n. 191/1975 contempla,
 infatti, agli effetti della non concedibilita'  della  dispensa,  non
 solo  la  precedente  dispensa accordata al fratello in questione, ma
 anche la riduzione del suo periodo di ferma).
    La perversita' del meccanismo appare oltremodo comprovata dal caso
 in esame, dove il  requisito  -  implicitamente  minimale  -  di  due
 fratelli considerato dal n. 6) dell'art. 22, e' addirittura superato,
 posto   che  ben  tre  dei  fratelli  Corbelli  risultano  aver  gia'
 regolarmente  assolto  gli  obblighi  di  leva  (la  circostanza   e'
 incontestata  e  puntualmente  documentata: la nota prot. 05/7127/TAR
 dd. 20 agosto  1993,  prodotta  agli  atti  di  causa  dal  distretto
 militare  di  Brescia  afferma  letteralmente  che  tre  dei Corbelli
 "concorrono alla formazione del titolo").
    In  questi  termini, la deroga contenuta nel primo comma dell'art.
 23 della legge n. 191/1975 sembra,  dunque,  innanzitutto  violare  i
 principi  dell'imparzialita'  e  del  buon  andamento  della pubblica
 amministrazione   (art.   97   della   Costituzione),    in    quanto
 immotivatamente  discrimina,  tra soggetti astrattamente ammessi alla
 fruizione di un beneficio in ragione dell'ampiezza di una prestazione
 personale riferita al complesso di un nucleo  familiare,  coloro  che
 abbiano  o  meno  in vita un ulteriore fratello, di eta' inferiore ai
 quarantanni, e che abbia a suo  tempo  goduto  di  un  beneficio  non
 necessariamente  identico:  e  cio' anche se il requisito minimale di
 legge previsto per l'accesso al nuovo beneficio da concedere  risulti
 addirittura  superato  per  la  presenza  di  ulteriori soggetti che,
 nell'ambito del medesimo  nucleo  familiare,  abbiano  a  loro  volta
 compiuto   la   prestazione   assunta   a   presupposto  della  norma
 agevolatoria.
    Sembra, di riflesso, pure violato  l'art.  3  della  Costituzione,
 stante   la  disparita'  di  trattamento  subita  dai  soggetti  che,
 altrimenti, avrebbero avuto titolo a richiedere  la  dispensa:  e  la
 dianzi rilevata compromissione dei canoni generali dell'imparzialita'
 e   del   buon   andamento   dell'azione   amministrativa  refluisce,
 segnatamente, nel contenuto - per  necessita'  conforme  agli  stessi
 principi   -  che  deve  informare  la  legge  recante  la  materiale
 disciplina di una  significativa  "prestazione  personale"  (art.  23
 della  Costituzione)  richiesta  ai  cittadini,  sia  pure  a fini di
 un'indubitabile essenzialita' per l'interesse  collettivo  (art.  52,
 primo  comma,  della  Costituzione),  ma  nondimeno  ricondotta nella
 garanzia di una fonte legislativa  (art.  52,  secondo  comma,  della
 Costituzione) che deve, per l'appunto, essere immune da immotivate ed
 illogiche  differenziazioni  tra soggetti chiamati - o non chiamati -
 alla prestazione di cui trattasi.
    E,  last  but  not  least,  appare   complessivamente   eluso   il
 particolare "riguardo" che l'art. 31, primo comma, della Costituzione
 impone  per  la concessione di "provvidenze" a favore delle "famiglie
 numerose".
    Il collegio, nel rimettere alla Corte costituzionale  la  disamina
 della  questione  di  costituzionalita'  teste' sollevata, rimarca la
 circostanza che, in caso di suo accoglimento esteso anche al  di  la'
 della  correlazione  instaurata,  nella  fattispecie  in  esame,  tra
 l'attuale testo del n. 6) dell'art. 22  della  legge  n.  191/1975  e
 l'art.   23,   primo   comma,  della  medesima  legge  (quest'ultimo,
 segnatamente   sospettato    di    incostituzionalita'),    l'effetto
 caducatorio dovrebbe estendersi, ai sensi dell'art. 27 della legge 11
 marzo 1953, n. 87, anche al secondo comma dello stesso art. 23, posto
 che a tale ulteriore norma, nell'ipotesi del venir meno di quella che
 ora  la precede, non potrebbe piu' riconoscersi una propria, autonoma
 funzione.
    Viceversa, nell'ipotesi in cui il giudice delle leggi  accogliesse
 la  prospettata questione limitatamente alla surriferita correlazione
 tra la specifica norma agevolatoria (attuale testo del n. 6 dell'art.
 22) e  la  sua  deroga  (il  primo  comma  dell'art.  23),  l'effetto
 richiesto  si  sostanzierebbe  in  una sentenza "additiva": essa, per
 l'appunto, amplierebbe la portata della norma che, proprio al secondo
 comma  dello  stesso  art.  23,  attualmente   circoscrive   la   non
 applicabilita' della deroga al n. 8) dell'art. 22, nonche' al secondo
 comma  dello  stesso  articolo,  ma  non  menziona, al medesimo fine,
 l'anzidetto n. 6).
    Detto altrimenti, l'indubbia particolarita' del "sistema" di norme
 disciplinante la materia in esame (dapprima, all'art. 22 della  legge
 n.  191/1975,  un'insieme  di  distinte  disposizioni che elencano le
 varie fattispecie che danno titolo alla dispensa; poi, al primo comma
 del susseguente art. 23, una deroga di apparente ordine  generale  al
 regime  agevolatorio, seguita peraltro al secondo comma da una vera e
 propria "deroga alla deroga", con conseguente  piena  applicabilita',
 per  le  sole fattispecie ivi menzionate, dell'anzidetto, normale re-
 gime di agevolazione) comporta la prospettazione alternativa  di  due
 questioni  di  costituzionalita',  entrambe  peraltro  preordinate ad
 impedire la disparita' di trattamento qui lamentata dal ricorrente.
    Pertanto:
      o e' tout court incostituzionale il  primo  comma  dell'art.  23
 della   legge   n.   191/1975,   con   conseguente   caducazione  per
 incompatibilita' del secondo comma dello stesso articolo;
      o e' incostituzionale soltanto il  secondo  comma  dell'art.  23
 della  legge  n. 191/1975, nella parte in cui non ricomprende, tra le
 deroghe all'applicazione del precedente primo comma, anche il  n.  6)
 dell'art.  22 della medesima legge, cosi' come sostituito dall'art. 3
 della legge n. 269/1991.